progetto, realizzazione, produzione/project, realization,
production Eva Meyer-Keller
in collaborazione con/in collaboration with
Vooruit Gent, Stuk Leuven
grazie a/thanks to Alexandra Bachzetsis,
Juan Dominguez, Mette Edwardsen, Cuqui Jerez, Martin Nachbar,
Rico Repotente
durata: 35 min
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Le
ciliegie hanno buccia delicata, polpa e una sorta d’osso
all’interno. Il loro succo è rosso come sangue. Se
le tratti come talvolta gli esseri umani trattano altri esseri
umani, diventano umane esse stesse, o almeno materia animata,
e t’invitano ad identificarti con loro. “Death is
Certain” è ispirato alle fiabe, dove qualche volta
gli oggetti prendono vita e quindi diventano schermo di proiezione
per le nostre esperienze e fantasie. Nella performance Eva Meyer-Keller
ha assunto come protagoniste le dolci ciliegie. I gambi sono tolti
dai frutti, i quali però non vengono lavati o snocciolati.
Bensì uccisi. L’artista si dedica manualmente a questa
occupazione in un modo che trasforma il quotidiano in brutale.
Allo spettatore tornano in mente i morti dei film, ma anche le
vere esecuzioni, come si svolgono realmente: associazioni a esperienze
individuali e collettive di fronte alla morte dal dolce sapore
al tavolo di cucina.
Cherries
have tender skin, meat and a kind of bone inside them. Their juice
is red like blood. When you treat them like humans sometimes treat
other humans, then they become human themselves or at least animate
objects, which invite you to identify yourself with them. Inspired
by fairy tales, where sometimes objects come to life and so become
a projection screen for your own experiences and fantasies. In
the performance Death is Certain Eva Meyer-Keller has installed
sweet cherries as her protagonists. The stalks are removed from
the fruit, but they are not washed or stoned. Instead they are
being killed. She takes care of this business manually, in a way
which turns the everyday into something brutal. The viewer is
reminded of deaths from films, but also the reality of executions,
how they really happen: associations from individual and collective
experience in the face of sweet death at the kitchen table
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